Molti di noi si avvicinano alla pratica meditativa e, più in generale all’universo di teorie e tecniche che attengono alla coltivazione dello spirito, tendono ad allontanarsi dalla concretezza della quotidianità. Cerchiamo eremi e monasteri dislocati a centinaia, decine, a volte anche migliaia di chilometri dal nostro luogo di residenza, ci esiliamo per ore, giorni, per poi tornare, nelle nostre dimore e riprendere la nostra vita esattamente come l’avevamo interrotta. Al più con il ricordo di una bella esperienza, rilassante, arricchente, , tra il folcloristico, l’esotico, il mistico, il trascendente e il new age.
Quando qualcuno ci fa‟ notare, che è proprio nel mondo, nelle relazioni, in famiglia, sul lavoro, che dovremmo portare quella qualità interiore che abbiamo sperimentato, ci schermiamo dietro le difficoltà, la fretta, i conflitti e qualunque altra sorta d’impedimento che ci pare ostacolare tale applicazione. Come se gli ostacoli fossero esterni.
Ci ostiniamo a non renderci conto che sono proprio ciò che definiamo impedimenti, intralci, interferenze, gli strumenti e le occasioni per la migliore pratica di questa qualità interiore.
A che serve uno strumento che abbiamo imparato ad usare, se non lo mettiamo in pratica proprio quando serve?
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